I testi e le illustrazioni sono di proprietà degli autori e ne è vietata la riproduzione non autorizzata




SCHERMO PANORAMICO, CHE EMOZIONE!
Dall'Academy Aperture all'Imax:
guida all'evoluzione e alla comprensione
dell'immagine e dei formati cinematografici




"La larghezza dello schermo panoramico accentua certi valori figurativi che sullo schermo tradizionale non si noterebbero". L' immagine cinematografica rispetto a ciò che l'occhio percepisce della realtà è fortemente selettiva quindi ricca di significato; possiede inoltre una straordinaria capacità di penetrazione nell'individuo. L'immagine televisiva è prevalentemente informativa, quella del grande schermo è mezzo di espressione e di rappresentazione.

Il Cinematografo, soprattutto grazie alla concorrenza televisiva, si è evoluto tecnologicamente allo scopo di rendere la proiezione la più realistica e coinvolgente possibile. Migliorie tecniche come l'avvento del colore, il sonoro multi-stereofonico e l'ampliamento del campo visivo dell'inquadratura (schermo più largo), hanno fortemente contribuito all'evoluzione del linguaggio cinematografico arricchendolo di nuovi contenuti estetici. Nel cinema si creano immagini in arte; è, per questo, unico e ineguagliato; la televisione invece clona soprattutto la realtà e quando tenta di espandersi diventa un clone del cinema stesso ma senza le sue prerogative!

Nato ufficialmente nel 1895, il Cinématographe è stato inventato dai fratelli francesi Auguste e Louis Lumière ma anche altri avevano sperimentato con successo sistemi analoghi: l'inglese Paul con il Teatrograph, il tedesco Skladanowsky con il Bioskopio, l'americano Edison con il Kinetograph (per riprendere) e il Kinetoscop (per proiettare) ed il francese Marey con il Cronofotografo. Ma i Lumière hanno avuto l'intuizione di renderlo fruibile in sale pubbliche a pagamento. Agli albori, il bianco e nero (specialmente nel muto) si caratterizzava per la drammaticità e la teatralità delle immagini; con l'avvento del colore una maggiore ricchezza visiva fu soprattutto capace di staccare le figure dal fondo creando un effetto di profondità più marcato. Con l'arrivo poi del sonoro ("Il cantante di Jazz" di Alan Crosland, del 1927), ci fu anche un radicale rinnovamento dei formati dell'inquadratura e quindi delle strutture di sala atte a coinvolgere nel miglior modo possibile lo spettatore.

La ripresa a colori arrivò ufficialmente verso la metà degli anni trenta (ma il primo film fu "The Durban Of Delhi" del 1911); dal Kinemacolor al Chronochromes d'inizio secolo, si passò al Kodachrome, al Kodacolor e al 3M Positivo Colore del 1949, e ancora dal Gevacolor, al Fujicolor, all'Ektachrome, e al Gevachrome, fino all'Eastmancolor della Kodak nato nel 1951. Discorso diverso per il Technicolor (primo film con questo procedimento"The Gulf Between" di Wray Bartlett Physioc del 1918): più che una tecnologia tesa al miglioramento delle pellicole, è un'azienda che dal 1915 si occupa dello sviluppo e della stampa; dal 1978 utilizza prevalentemente pellicole Eastmancolor, universalmente in uso. Discorso simile per la De Luxe e la Rank. Altri procedimenti colore meno conosciuti sono il Keller-Dorian, il Dufaycolor, l'Agfacolor, il Tri-pack, il Trucolor e il Cinecolor.

Furono contemporaneamente sperimentati anche diversi formati per la pellicola: il Grandeur Film da 72 mm, il Magnifilm da 65, lo Spoor da 63,5 e il Wide Film da 70 fino al definitivo 35 mm che indica la larghezza della pellicola (uguale ad una pellicola fotografica per intenderci). Sperimentato già dai Lumière, fu commissionato per la prima volta da Thomas Alva Edison a George Eastman nel 1889 e da allora è riconosciuto come lo standard principale per la cinematografia professionale. Negli anni cinquanta con il boom della televisione i miglioramenti furono decisivi e si identificarono soprattutto con l'evoluzione del formato dell'inquadratura (Aspect Ratio), definito dal rapporto tra la larghezza e l'altezza dell'immagine, diverso dal formato del fotogramma, come già detto, che indica la larghezza della pellicola. Attenzione: una pellicola da 35 mm può supportare formati d'inquadratura diversi.

La rivoluzione dello schermo panoramico, arrivata fino ad oggi, è iniziata nel 1953 con il Cinemascope. Ciò che fino allora era considerato uno schermo classico, a prescindere, ripetiamo, dal formato della pellicola, aveva un rapporto tra larghezza ed altezza, uguale alla tv, cioè di 4/3 (se la base è 4 metri, l'altezza è di 3; quindi 4:3=1,33): noto come Academy Aperture, o formato 1,33:1 (in realtà i film americani sonori fino al 1954 venivano proiettati nel formato 1,37:1 che aveva sostituito, con l'invenzione del sonoro, l'1,33:1 usato nel muto), permetteva una visione globale con l'occhio in riposo cioè capace, a pupilla ferma, di vedere l'immagine nella sua totalità. Invece "Lo schermo panoramico favorisce un'impostazione più complessa delle scene, sia in senso laterale che in profondità" e "consente scene più dense e complesse"; non solo, si adatta meglio all'occhio umano che ha un campo d'azione molto sviluppato sul piano orizzontale; a tal proposito ricordiamo che i due occhi sono capaci di tener sotto controllo, sul piano orizzontale, circa 180 gradi e su quello verticale 90. Il Cinemascope, con un rapporto tra larghezza ed altezza di schermo di circa 7/3 (7,05/3 per la precisione), conosciuto anche come formato 2,35:1, ci costringe a vagare con l'occhio alla ricerca di attrazioni come nella realtà e non a tenere lo sguardo fisso sull'intera immagine come accade per la tv per intenderci (ed è tutta qui la differenza tra cinema e televisione...!). Conosciuto anche come Super 35, Anamorfico ed anche Panavision, (dal nome dell'azienda che oggi produce attrezzature cinematografiche e che prevede un formato molto simile, 7,2/3 per la precisione che corrisponde a 2,40:1), il Cinemascope è un formato panoramico impresso su normali pellicole di 35 mm. Sullo schermo si ottiene, appunto, un campo visivo molto ampio, 2,35:1, con l'ausilio di una lente particolare con caratteristiche «anamorfiche», capace di comprimere le immagini sulla pellicola nel formato 1,17:1. In verità un sistema analogo era stato brevettato con il nome di Hypergonar da Henri Chrétien nel 1929 ed utilizzato per la prima volta nel 1932 per il film "La femme et le rossignol" di André Hugon. Acquistato nel 1952 dalla Twenty Century Fox, è stato commercializzato con grande successo in tutto il mondo con il nome, appunto, di Cinemascope. Ma tecnicamente com'è possibile che un'immagine particolarmente larga sul piano orizzontale, come quella di questa tecnologia (vedi schema), venga impressa sulla pellicola 35 mm che ha un fotogramma quasi quadrato? In fase di ripresa vengono poste delle lenti (anamorfiche) che schiacciano l'immagine sul negativo distorcendola e comprimendola. In fase di proiezione, un altro sistema di lenti, provvede a riportare l'immagine nella proporzione desiderata per essere proiettata sullo schermo panoramico con rapporto 7/3; sullo schermo il rapporto tra base e altezza è di 2,35:1, nel fotogramma invece il rapporto è 1,17:1. Il Cinemascope, con 4 tracce audio magnetiche, dedicate al suono stereofonico, fu introdotto nel 1953 con il film "La tunica" di Henry Koster.
Un altro formato simile, regolarmente in uso insieme al Panavision che ha sostituito in toto il Cinemascope, è Super 35. Questo non impiega la ripresa con lenti anamorfiche che spesso comportava problemi tecnici di varia natura, ma l'immagine viene successivamente compressa, con la tecnica anamorfica, solo nella fase della stampa della pellicola.

Nel frattempo nacquero altre tecnologie similari ma ebbero tutte vita breve: il Cinepanoramic, alternativa francese; il Gaumonscope, con sonoro a tre piste; il Superscope della RKO, il Totalvision e ancora il Naturama, Normavision, Techniscope e Vidoscope. Della Paramount il Vistavision, inventato da Loren Rayder e John Bishop e inaugurato nel 1954 con "Bianco Natale" di Michael Curtiz. Prevedeva che la pellicola nella cinepresa e nel proiettore scorresse orizzontalmente per avere un fotogramma ruotato di novanta gradi più grande del canonico 35 mm di circa il doppio. A fotogramma più grande naturalmente corrispondeva una maggiore risoluzione fotografica quindi un'immagine più definita e dettagliata ma per gli alti costi ben presto venne abbandonato. George Lucas lo recuperò sapientemente nel 1977 per girare in Vistavision gli effetti speciali di "Guerre Stellari"; sul negativo finale però la sequenza veniva ricompressa per il 35 mm canonico. Anche Alfred Hitchcock lo impiegò spesso.

Ci fu il tempo anche del Supercinemascope o Cinemascope 55, con pellicola da 55 mm. La Panavision, anche se viene giustamente identificata come un formato dalle caratteristiche analoghe al Cinemascope, è in realtà un'azienda americana costruttrice dal 1958 di materiali, macchine (le famose Panaflex) ed obiettivi. Nel 1959 insieme alla Metro Goldwin Mayer realizzò un sistema su 70 mm, usato per le riprese di "Ben Hur" di William Wyler chiamato MGM Camera 65/Ultra Panavision 70. Un altra tecnologia conosciuta è quella del Todd-Ao (American Optic)-System che era in grado di restituire immagini molto più precise del Cinemascope. Nato nel 1955 con il film "Oklahoma!" di Fred Zinnemann e nel '56 con "Il giro del mondo in 80 giorni" di Michael Anderson, si caratterizza per una pellicola da 70 mm, 6 tracce audio stereofoniche su di una banda magnetica e uno schermo panoramico curvo, ma gli alti costi lo fecero ben presto scomparire. Attualmente alcuni film spettacolari in Panavision, vengono girati in 65 mm e stampati in alcune copie a 70 mm (Super Panavision 70); è il caso per esempio di "Hamlet" di Kenneth Branagh del 1996.

Solitamente i formati più diffusi sono l'European Standard con rapporto 5/3, conosciuto anche come 1,66:1, e l'Academy Standard Flat, conosciuto come Panoramico 1,85:1. Quest'ultimo non si sviluppa come il Cinemascope su 7/3 (2.35:1), ma in un rapporto 5,55/3. È il taglio cinematografico preferito in quanto, mentre per trasporre un film Cinemascope per la tv occorre tagliare significative parti laterali dell'inquadratura (fino al cinquanta per cento!), con il Panoramico il taglio di adattamento è meno importante e prevede minore perdita d'immagine. Per la riduzione televisiva, l'immagine cinematografica originale viene mutilata lateralmente, sia a destra che a sinistra, per una visione a tutto schermo evitando così la presenza delle bande nere; questo è il formato tv Pan&Scan; se invece vengono aggiunte le bande nere per rispettare le proporzioni originali dell'immagine cinematografica, allora è un formato tv Letterbox. Una curiosità: i televisori a schermo panoramico Widescreen 16:9 hanno un formato diverso rispetto allo schermo cinematografico e cioè 1,78:1! Quindi, nel caso di un film Panoramico 1,85:1 le bande nere orizzontali saranno appena percettibili, nel Cinemascope 2,35:1 invece, più evidenti.

Non sono mancati tentativi di rendere il cinema ancor più coinvolgente per mezzo di schermi curvi e tecnologie particolari. Ma le difficoltà di messa in opera e la mancanza di egemonia di uno standard su di un altro, hanno relegato questi fantastici sistemi a fenomeni da convention tecnologiche e luna park come è avvenuto per i sistemi Imax. Esperimenti con schermi curvi hanno come fine il coinvolgimento della visione periferica degli spettatori. È il caso del Polyvision, sperimentato nel 1927 (peraltro anno in cui si affermò definitivamente il sonoro) con "Napoléon" di Abel Gance in cui tre macchine con tre pellicole diverse sincronizzate proiettavano contemporaneamente su tre schermi diversi: secondo l'autore il centrale era dedicato alla prosa, i laterali alla poesia e tutti insieme al cinema. Ad oggi resta una delle opere più fantasmagoriche, co-prodotta da 6 paesi diversi con, allora, 18 milioni di franchi per 450 mila metri di pellicola impressionata e due anni di lavorazione. E con il Polyvision, Abel Gance ci riprovò di nuovo nel 1953 con il film "Magirama".

Altro esempio di cinema spettacolo è lo straordinario Cinerama, inventato nel 1939 da Fred Waller consisteva in 11 proiettori sincronizzati insieme! Ridotti prima a 5 e, nel 1952 a 3, è formato da un gigantesco schermo curvo largo circa tre schermi normali su cui tre macchine da presa proiettano, sincronizzate, un terzo dell'immagine totale a testa, per un angolo di visione stupefacente e un suono stereo a sette piste! Il primo film realizzato con questo sistema fu: "This is Cinerama" del 1952. Il Technirama fu un sistema analogo adattato dalla Technicolor che brevettò anche il Super-Technirama 70. E ancora il Cinéorama, un folle tentativo di proiezione a 360 gradi in una sala circolare con schermi tutt'intorno; necessitava di 10/12 macchine di proiezione! Dalla Disney il Circarama sempre a 360 gradi e ancora il Krougorama e il Cinetario. Il Cinemiracolo è un ulteriore variazione del Cinerama ed era capace di coprire un angolo di visuale di 146 gradi. Ancora il Cyclotrona e il Kinopanorama, presentato a Bruxelles nel 1959; per questa tecnologia a Parigi venne costruita una sala con uno schermo di 20 x 7,45 con 900 posti, 6 macchine da presa sincronizzate, 104 altoparlanti con suono a 9 piste. Il Polischermo, presentato a Bruxelles nel 1959: 7 schermi differenti sia come dimensione che formato disposti in maniera asimmetrica con immagini studiatamente indipendenti.

Negli ultimi anni l'Imax Corporation ha raggiunto alte vette tecnologiche per la riproduzione a proiettore singolo su schermi giganti: i sistemi Imax a 70 mm inaugurati a Montréal nel 1967, sono destinati a proiezioni grandiose e spettacolari con immagini dieci volte più ricche e definite nei particolari. È possibile distinguerne tre tipologie diverse: l'Imax, l'Imax 3D e l'Imax Dome con schermo a cupola (OmniMax) di 27 metri di diametro. Un'ulteriore evoluzione dell'Imax è l'Imax Hd capace di proiettare 48 fotogrammi al secondo, il doppio dei procedimenti classici; l'evoluzione dell'Imax 3D è l'Imax Solido. Per il sonoro infine, è stato messo a punto l'Imax Pse con 6 tracce audio. I sistemi tridimensionali hanno rivoluzionato il concetto di cinema: l'effetto è trasportare lo spettatore dentro la scena.

Il cinema a tre dimensioni (3d), si basa, con diverse tecniche, sulla visione con speciali occhiali che permettono la dissociazione oculare, cioè ogni occhio vede una parte d'immagine che non può vedere l'altra; ciò da l'illusione di osservare immagini tridimensionali cioè su diversi piani prospettici. Nel 1936 la Metro Goldwyn Mayer fece i primi esperimenti, ma è soltanto nel 1952 che venne inaugurato il Natural Vision, il 3d appunto, con la United Artists e la Columbia con i film "Bwana Devil", 1952 di Arch Oboler e "L'uomo nell'ombra", 1953 di Lew Landers. Il cinema in 4 e 5 dimensioni prevede l'oscillazione delle poltrone e che dalle stesse vengano spruzzate piccole quantità di aria e di acqua sul viso degli spettatori, ma anche cordicelle che con il movimento strusciano dietro le gambe.

Ancora ricordiamo le rappresentazioni olografiche per mezzo dei laser, e non è finita! Su di una vecchia invenzione del 1939-'40, nel 1960 per "Scent of Mystery" di Jack Cardiff, venne presentato lo Smell-O-Vision su pellicola 70 mm stereo ad 8 piste; attrezzato con un distributore di profumi con 30 diversi odori sincronizzato con la pellicola. Il sistema era geniale, riciclava gli odori in un secondo e il sincronismo con le immagini era immediato e perfetto, ma la sala necessitava di oltre 2 km di tubi di plastica che lasciavano uscire gli odori dallo schienale di ogni poltrona. Già un anno prima fu sperimentato l'Aromarama per un documentario sulla Cina "Behind the Great Wall", con ben 72 odori! "Polyester" di John Waters fu il primo film in Odorama: a tutti gli spettatori veniva distribuito un cartoncino «gratta e annusa» a settori numerati che veniva, appunto, grattato e annusato, quando compariva sullo schermo il numero corrispondente.

Concludiamo con una carrellata di formati per quanto riguarda le pellicole: sono professionali il 70 ed il 35 mm con doppia perforazione, semiprofessionale il 16 mm sempre a doppia perforazione ed amatoriali il 9,5 con perforazione a centro e super 8 e 8 mm con perforazione singola laterale.


IL DIGITALE NEL CINEMA
ovvero la fine della pellicola


A partire dal 2009, con l'avvento della ripresa e della proiezione digitale, non è più previsto l'uso della pellicola: telecamere in alta definizione registrano le immagini su supporto elettronico: hard-disc, dvd, cassette; successivamente in post-produzione, attraverso un processo totalmente computerizzato, viene plasmata l'opera. È una rivoluzione artistica, oltre che tecnica, perché permette la completa manipolazione della singola immagine che nella tradizionale ripresa su pellicola non è mai stato possibile: infatti ben poco si poteva fare per modificare ciò che veniva impresso dalle cineprese.

Oggi con fotografia, effetti speciali, e montaggio digitali, si riesce a costruire l'immagine da zero e spesso la ripresa sul set registra solo la recitazione degli attori da inserire in scenografie e con effetti speciali realizzati interamente al computer con varie tecniche tra cui il Bluescreen e il Motion Capture.

Nelle sale i videoproiettori stanno sostituendo i vecchi proiettori per la pellicola; i film realizzati con le nuove tecniche del digitale, vengono "stampati" su hard-disc, con il vantaggio che le visioni non risentono più del graduale deterioramento causato dallo scorrimento meccanico della pellicola nel proiettore.

Inoltre è attiva in alcuni cinema la trasmissione via satellite di eventi sportivi e musicali in diretta, anche in tre dimensioni.

Anche il 3D con l'avvento delle nuove tecnologie digitali ha subito una rivoluzione. Sei sono i sistemi presenti attualmente nei cinema:

il Dolby 3D
il RealD 3D
e MasterImage 3D
che sfruttano la tecnologia con occhiali in plastica di tipo passivo.

L'XpanD 3D
e il Nestri 3D
con occhiali attivi cioè con lenti a cristalli liquidi comandate ad infrarosso dal proiettore: in pratica le lenti si aprono e si chiudono (oscurandosi) in sicronia con l'immagine per l'occhio destro e sinistro.

il Technicolor 3D
con occhialini in carta; è il vecchio 3D rivisto e corretto in uso piccole sale non attrezzate per il digitale ma ancora con i proiettori tradizionali per la pellicola.

Per il primo episodio de "Lo Hobbit" di Peter Jackson, nel 2012 è stato inaugurato l' HFR 3D (high frame rates) che prevede il passaggio nel proiettore, non più di 24 fotogrammi al secondo come è stato fino ad oggi dal 1927, quindi dall'avvento del sonoro (i film muti venivano girati a 16 - 18 fotogrammi secondo), ma un più veloce 48 fotogrammi al secondo (il doppio), con il risultato di una fluidità ed una nitidezza mai visti prima. È una nuova cadenza cinematografica elaborata espressamente per il cinema digitale (in assenza di pellicola) e per perfezionare definitivamente il 3D.


Un'ultima curiosità per sentirsi al centro dell'azione, la distanza ideale tra spettatore e schermo è di due volte e mezzo l'altezza di quest'ultimo.





il sonoro nella pellicola



Dal 2000, in base alla legge 248, tutti i testi che vengono pubblicati su internet sono automaticamente ricoperti dal diritto d'autore.
L'art. 6 della legge 633/41 stabilisce che ogni opera appartiene, moralmente ed economicamente, a chi l'ha creata
e pertanto nessuno potrà disporne (tanto a scopo di lucro, quanto per uso personale) senza l'esplicito consenso dello stesso autore.
I siti intenet formano oggetto del diritto d'autore (Artt. 2575 sg. c.c.) e come tali appartengono all'autore.
E' pertanto illegale (Legge 22 aprile 1941, n. 633 - Legge 18 agosto 2000, n. 248) copiare, riprodurre
(anche in altri formati o su supporti diversi), pubblicare parte di essi se non dietro esplicita autorizzazione di chi ne possiede i diritti.
La violazione di tali norme comporta sanzioni anche penali.