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Cineasti contemporanei





JAMES IVORY, lo scenografo


James Ivory (USA, 1928), laureato in Architettura ha frequentato successivamente la University of Southern California di cinema per realizzarsi come scenografo, e, interessante da notare, lo è diventato ma solo attraverso una regia, per così dire, scenografica! Il lavoro di Ivory si caratterizza per una direzione filmica tesa a focalizzare più lo sfondo che la messa in scena. La sua specialità sono le storie ambientate nel secolo scorso o, al massimo, agli inizi del novecento; la sola preoccupazione è quella di restituire l'epoca nella maniera più fedele possibile; una regia, insomma, tesa al documentaristico.

Per delineare meglio la figura del cineasta, unanimamente riconosciuto come l'americano più "europeo" del mondo della celluloide, bisogna menzionare assolutamente lo straordinario ed indissolubile staff lavorativo che ha creato. Infatti, non tutti sanno che James Ivory è presente nel Guinness dei Primati per la più lunga collaborazione tra regista, produttore e sceneggiatore nella storia del cinema; un magico triangolo di collaborazione formato naturalmente da Ivory, regista californiano, Ismail Merchant produttore indiano e Ruth Prawer Jhabvala sceneggiatrice ebrea-polacca. A questi indispensabili collaboratori, bisogna aggiungere Richard Robbins, la quarta ruota di un carro che filava già splendidamente a tre, responsabile per tutte le colonne sonore da "Gli europei" ad oggi.

Ivory restò affascinato dalla cultura indiana alla quale ha dedicato tutta la prima parte della sua ed immensa, per numero di titoli, carriera registica realizzando: "Il capofamiglia", 1963; "Il modo di Delhi", 1964; "Shakespeare Wallah", 1965; "Il guru", 1968; "Cinema Bombay", 1970; "Le avventure di un uomo di pelle scura in cerca di civiltà", 1972. In questi lavori il cineasta delinea un collegamento sociale ideale tra la cultura indiana e gli stranieri che la frequentano. Seguono successivamente altre sei pellicole di stampo non solamente indiano: "Selvaggi", 1972; "Party selvaggio", 1974; "Autobiografia di una principessa", 1975; "Roseland", 1977; "Gran clamore per i quadri di Georgie e Bonnie", 1978; "Il treno delle 5:48", 1979. Con "Gli europei", presentato al Festival di Cannes nel 1979, arriva il riconoscimento da parte del grande pubblico; sostiene il regista a proposito di quest'opera: "Ho la sensazione che è qualcosa da vedere più che da ascoltare. Ciò che si vede è l'aspetto principale; ciò che si ascolta è l'ornamento"; è questa, quindi, la peculiarità di Ivory nonché la novità cinematografica che maturerà nelle successive pellicole.

"Quartet", girato interamente a Parigi tende a perfezionare il discorso filmico intrapreso. Dopo questa pellicola Ivory e l'amico produttore indiano Merchant, sono tornati nuovamente in India, amore mai sopito, per due nuovi film: il primo, un documentario per la tv inglese Channel 4, il secondo "Calore e polvere", lavoro per il quale il trio raccoglierà i primi premi (specialmente in Inghilterra). Il successivo "I bostoniani", definito più volte dalla critica come "un esercizio di stile" è il primo lungometraggio di successo, che a dire il vero, giunse inaspettato sul mercato americano. Nel 1986 con "Camera con vista" James Ivory diventa cineasta di fama internazionale; un film scorrevole e facile che ha incassato sessanta milioni di dollari per un budget di tre; candidato ad otto Oscar ne ha vinti tre (sceneggiatura scenografia e costumi), più numerosi altri premi in Inghilterra ed in Italia. Ancora una volta è la cura maniacale per la ricostruzione e per ciò che si vede a caratterizzare il lavoro dello staff Ivory-Merchant-Jhabvala-Robbins; qui come non mai Ivory è il regista delle atmosfere e il lavoro scenografico-costumistico è a dir poco eccezionale.

Il seguente "Maurice"è stato premiato con il Leone d'Argento al Festival di Venezia per la miglior regia, il premio per la migliore colonna sonora e quello per la migliore interpretazione maschile assegnato a Hugh Grant e James Wilby, che nella storia impersonano una coppia di omosessuali. È poi la volta di "Schiavi di New York" stroncato miseramente in America ma accolto bene in Europa, cui ha fatto seguito "Mr. e Mrs. Bridge" nel quale è l'universo immobile e monotono di una coppia, che domina la scena. Nel 1992 la consacrazione definitiva con "Casa Howard", il punto di arrivo dell'inossidabile trio, un capolavoro scaturito grazie alla loro collaborazione decennale, un vero lavoro d'equipe candidato a nove Oscar di cui tre vinti: migliore sceneggiatura non originale alla solita Ruth Prawer Jhabvala, migliore attrice a Emma Thompson e migliori scenografie a Luciana Arrighi e a Ian Whitaker. Probabilmente il migliore film di Ivory. Al riguardo una curiosità: il budget di otto milioni di dollari è stato raccolto dal produttore Ismail Merchant in tempi diversi durante la lavorazione. Con alle spalle il successo planetario di "Casa Howard" la Merchant-Ivory (così si è sempre chiamata la casa di produzione) realizza "Quel che resta del giorno", pellicola stilisticamente lussuosa per il quale gli autori, per la ricostruzione documentaristica della forma e delle abitudini dell'epoca hanno ingaggiato, come consulente, un maggiordomo in pensione della regina Elisabetta e usato come set, quattro ville inglesi per filmare gli interni-esterni della dimora descritta superbamente nel film. Nelle sale è di nuovo successo internazionale, per quella che a tutt'oggi è la pellicola più affascinante dell'autore americano.

Nel 1995 "Jefferson in Paris" si caratterizza naturalmente per la solita e maniacale cura della ricostruzione e per la precisione dei particolari; la ricchezza scenografica, comunque, dà l'impressione di essere a tratti esagerata. In quest'ultimo lavoro, Ismail Merchant da sempre produttore, per la prima volta partecipa in veste anche di attore. Per concludere un accenno alla sceneggiatrice Ruth Prawer Jhabvala che completa lo staff storico; il suo lavoro è caratterizzato sempre da grandi adattamenti letterari, e d'accordo con Ivory dalla descrizione della vita degli Inglesi all'estero.



Filmografia essenziale:

"Gli europei", 1979;
"Jane Austen in Manhattan", 1980;
"Quartet", 1980;
"Calore e polvere", 1983;
"I bostoniani", 1984;
"Camera con vista", 1986;
"Maurice", 1987;
"Schiavi a New York", 1988;
"Mr. e Mrs. Bridge", 1990;
"Casa Howard", 1992;
"Quel che resta del giorno", 1993;
"Jefferson in Paris", 1995;
"Surviving Picasso", 1996;
"La figlia di un soldato non piange mai", 1998;
"The golden bowl", 2000;
"Le Divorce", 2003;
"La contessa bianca", 2005.

N.B.: Prima del 1979 Ivory ha realizzato altri quindici lavori tra corto e lungometraggi.






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