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FILM, NON SOLO REGIA: l'importanza della produzione


Il mondo del cinema, è un ambiente complesso e bizzarro, in continua evoluzione così rapida che ci appare con una miriade di sfaccettature diverse. Il raggiungimento del successo non è sempre frutto di una ricetta precisa, ma, talvolta, di avvenimenti che sfuggono, volutamente o no, all'autore del film. Per individuare questi possibili percorsi alternativi, tendenti al raggiungimento del successo commerciale, è bene ricordare quali sono le condizioni necessarie per la realizzazione di una pellicola.

Un film, non ci sono dubbi, è creatura del regista. Lui il coordinatore di tutto lo staff, lui il controllore di tutte le tappe, lui il responsabile dello stile, della tecnica e del messaggio culturale; scrive sulla sua biografia lo straordinario direttore della fotografia Sven Nykvist: "Poche professioni artistiche sono più pesanti sia dal punto di vista fisico che psicologico di quella del regista cinematografico". Questo però è vero soltanto in parte e non poche volte è accaduto che una pellicola sia diventata un successo planetario, non per la regia ma per merito di altri interventi nel ciclo della sua lavorazione ritenuti normalmente meno importanti.

Se è banale credere che tutto l'operato è riconducibile al cineasta, è capitato, troppe volte a dire il vero, che la produzione abbia assunto il pieno controllo sul regista e su tutte le altri fasi della realizzazione e che il cineasta sia stato assunto soltanto come tecnico sul campo, come mano d'opera qualificata. Ma perché accade questo? I produttori investono continuamente nella realizzazione del progetto, anticipando le spese, e ciò a prescindere dagli incassi. Se il film nelle sale è un fiasco, sono loro direttamente a subirne le inevitabili conseguenze; hanno dunque il diritto di "influenzare" tutto il lavoro, attraverso un attento controllo sull'autore (che viene ad assumere una posizione a dir poco ambigua). In pratica anticipando i fondi, hanno la pretesa di supervisionare tutta l'esecuzione. Tutto ciò è tanto più estremizzato, quanto più il regista è sconosciuto, quindi impossibilitato a vendere da solo il prodotto nel migliore dei modi o, comunque, a garantire con il suo nome, lo standard minimo che la produzione si aspetta affinché possa decidere di investire milioni. Per questi ed altri motivi nasce l'esigenza di un cinema indipendente, fondamentale per la cultura cinematografica, ma costretto in miseri budget che obbligano il regista a non pensare "in grande", sia nell'impiego di mezzi che nella scelta degli attori e che lo costringono a ridurre e riadattare continuamente la sceneggiatura, a luoghi e fatti comunque facili da filmare; questa è spesso la pecurialità del cinema europeo. Insomma, ci troviamo di fronte, per tanti film di successo, piuttosto alla "produzione come perfezione" che a "la regia come perfezione". È comunque un modo diverso di concepire la cinematografia; in teoria un'opera dovrebbe nascere dall'esigenza del regista di comunicare qualcosa, troppe volte invece nasce dal produttore che si avvale del cineasta solo come dipendente, autore... soltanto sui titoli.

Emblematico il caso di "The Nightmare Before Christmas", un film di marionette, una folle idea girata con la tecnica dello stop-motion in cui i movimenti vengono costruiti e ripresi singolarmente fotogramma per fotogramma. Autore, nonché ideatore e responsabile di tutto il progetto, è Tim Burton che compare nei titoli come produttore. Lo stesso Burton, dopo aver scritto il soggetto, realizzato i disegni preliminari e lo storyboard, ha delegato la regia a Henry Selick, un esperto del settore e la musica a Danny Elfman, autore di testi e la colonna sonora nonché cantante principale (in Italia doppiato magnificamente da Renato Zero); il classico esempio di film di successo non concepito dal regista. E ancora, assolutamente da menzionare i casi de "L'impero colpisce ancora" e "Il ritorno dello Jedi"; rispettivamente secondo e terzo episodio (secondo l'ordine di uscita nelle sale) della saga di "Guerre Stellari", sei film che, senza esagerazione, hanno rivoluzionato negli anni ottanta il modo di fare cinema; l'autore e responsabile unico di tutto il progetto, George Lucas, ha demandato la regia a Irvin Kershner per "L'impero colpisce ancora" e a Richard Marquand per "Il ritorno dello Jedi". "Fino alla fine del mondo", il film più ambizioso e probabilmente migliore di Wim Wenders, ha un curriculum di tre anni di riprese in quattro continenti e sedici mesi impiegati soltanto per il montaggio per nove ore di durata nell'edizione definitiva. Successivamente è stato ridotto per motivi commerciali a sei ore, per quella che viene considerata la versione originale (?) e a due ore e quaranta per quella distribuita nelle sale; in fase di montaggio si è ricostruito da capo il film a mo' di riassunto dell'originale! Qui evidentemente la volontà ed il lavoro del cineasta non sono stati per nulla valorizzati e rispettati dal punto di vista artistico. Un altro caso interessante è per "Party Selvaggio" di James Ivory, deturpato barbaramente da due nuovi montaggi totalmente diversi da come li aveva concepiti Ivory; il primo voluto dalla produzione e il secondo dalla stazione televisiva che ne ha acquistato per ultima i diritti che, incredibilmente, ha lasciato solo tre scene originali (!) delle circa sessanta montate dal regista. Tutti i film di Orson Wells successivi a "Quarto Potere" sono stati letteralmente «distrutti» dalla produzione; questo perché Welles per la sua straordinaria opera prima: "Quarto Potere", ottenne dalla major un contratto senza precedenti che gli permise di essere contemporaneamente sceneggiatore, regista, produttore ed interprete; un potere assoluto che i finanziatori non gli hanno più permesso di avere in seguito. Per "Via col vento" per il quale il vero ed unico autore del film, il produttore David Oliver Selznick mise in busta paga ben dieci sceneggiatori affermati che si alterarono alla scrittura del film. Venne accreditato come regista il solo Victor Fleming, nonostante George Cukor, Sam Wood, William Cameron Menzies, e lo stesso Selznick diressero alcune parti del film! È dunque il classico esempio di un capolavoro che ha come autore il produttore. Sempre Selznick per "Duello a sole" di King Vidor sostituì quattro registi. Irving Thalberg, altro produttore famoso, fu il responsabile in sala montaggio della manipolazione di tutte le opere di Eric Von Stroheim. Per "Rapacità", Von Stroheim girò dieci ore di pellicola! Il primo montaggio fu di tre ore e quaranta; nel secondo tre ore; il film venne tolto a Von Stroheim da Thalberg e fissato definitivamente a centotrentacinque minuti.

Positivo o negativo, il lavoro svolto dalle majors non solo americane ma anche europee, giapponesi, ecc., dimostra perché in molti casi un grande film non necessariamente è opera del regista; si vuole dimostrare, con questo, l'ammissibilità di un successo cinematografico ottenuto percorrendo strade diverse dal binario della pura regia che fino ad ora abbiamo individuato come percorso portante.





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