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SE LO SPORT È CULTURA, IL CICLISMO È ARTE!
di Gabriele La Rovere


«Athletae proprium est se ipsum noscere, ducere, vincere»
L'atleta deve conoscersi, credere (in se stesso) e vincere!
Pierre de Coubertin

Condizione essenziale perché nella società attuale l'atleta
possa mantenere il ruolo di modello positivo
è l'equilibrio tra il desiderio di successo
e i valori dell'etica sportiva.
Manfred Messing


LO SPORT COME FORMA E VALORE DI CULTURA

La parola inglese Sport è un sostantivo che non ha traduzione nel mondo, viene compresa da tutti i popoli. Trae origine dal latino Deportare: cioé "portar fuori" nel senso di uscire per distogliersi, ricrearsi, svagarsi. Secondo l'autorevole Treccani il termine Sport: «costituisce infatti l'unico "alfabeto" comune tra popoli e nazioni di dimensioni economiche, politiche e culturali diverse». Offre ai suoi praticanti un'opportunità di crescita, una possibilità di migliorare le prestazioni personali, di liberare contemporaneamente il corpo e la mente; annulla le distanze di ceto, insegna a rispettare i propri limiti e ad avere il senso della misura. Possiede in sè un valore positivo, poiché aiuta a produrre, in chi lo pratica, miglioramenti di natura fisica e psicologica, e non occorre arrivare primi per ottenerne i benefici. De Coubertin scrive più in generale che lo Sport è veicolo di valori.

L'attività sportiva non è mai stata nella società una presenza marginale; nel nostro secolo ha raggiunto un ruolo ed una popolarità tale da trasformarsi in elemento fondamentale della vita quotidiana, un costume esistenziale. L'uomo facendo Sport compie un atto volontario, uno sforzo per riabilitarsi dinanzi alla natura, soddisfacendo così il suo primordiale istinto all'impegno fisico. C'è quindi il ritorno dell'essere umano all'ambiente, al possesso ed all'uso del proprio corpo, al movimento.

In Europa e in tutto il mondo, il Ciclismo è forse lo Sport più popolare e in continua ascesa; la sua diffusione è stata sempre a carattere internazionale perché seguito e coltivato dalle masse. All'inizio del secolo scorso le maggiori manifestazioni sportive erano quelle ciclistiche. Anzi, per la Treccani: «Il Ciclismo fu il nucleo originario attorno al quale si sviluppò l'attività sportiva». In seguito i continui miglioramenti atletici e tecnici hanno favorito l'incremento dei praticanti.

Il coraggio del gesto atletico e la capacità di sopportare la fatica sono gli aspetti che danno sostegno alla sua popolarità: una scuola di volontà che si spinge fino all'eroismo, alimentata da una grande passione; un sogno un pò folle, ma romantico e poetico.


IL CICLISMO COME MANIFESTAZIONE D'ARTE

Il francese Maurice Nédoncelle ha classificato le forme d'arte partendo dal presupposto che il canale espressivo dell'arte è il "sensibile".

Ed è in base ai sensi che lo studioso divide e classifica le opere espressive:
- le arti della vista: pittura, scultura e architettura;
- le arti dell'udito: musica e recitazione;
- le arti di sintesi: cinema e teatro.
- le arti tattilo-muscolari: danza e Sport.

Dunque lo Sport è una manifestazione d'arte!

E noi, allora, prendiamo in considerazione sotto questo aspetto il Ciclismo, un'attività sportiva affascinante dove forza, velocità, resistenza, tecnica esecutiva e destrezza sono indissolubilmente legati! È lo Sport "principe" che alimenta "il sacro fuoco dell'esploratore", cioè quel gusto al viaggio e alla ricerca insito in ogni essere umano conosciuto anche come Fattore Ulisse.

Nel Ciclismo si impara a dosare razionalmente le energie, a "non mollare" di fronte alla fatica, ci si fortifica e prepara alle situazioni problematiche della vita; come tutti gli Sport di fondo, cioé di grande resistenza, è adatto particolarmente agli emotivi, ai soggetti dalla intelligenza astratta, ai teneri, agli introversi, perché stimola l'attenzione, le abilità, lo spirito d'iniziativa, la reazione agli imprevisti, le valutazioni rapide; sviluppa la volontà, il coraggio, l'autodisciplina, l'abnegazione e la perseveranza, e trasforma in individui sani, vigorosi, dinamici e misurati.

Quindi il nostro Sport non è solo espressione fisica, bruta e materiale, come ritenuto spesso dai sedentari, è evidente che ha peculiarità sottese! Ricordiamo che per i Greci assicurarsi un corpo sano ed efficiente bastava ad acquisire la sapienza. Nell'antica Roma per Catone: «Quando gli uomini Sportivus si esercitano, li osserviamo consumarsi. Se però non si esercitano, l'inerzia ed il torpore sono più nocivi dell'esercizio»; Giovenale riportava il più famoso: «Mens sana in corpore sano». Per Voltaire, per essere felici, ci vuole il corpo di un atleta e l'anima di un saggio. Sempre nell'antica Roma, Celso e Galeno sostenevano ambedue la necessità di una giusta dose di esercizi fisici utili a conferire grazia, eleganza, e proporzioni equilibrate alle varie parti del corpo e condannavano ogni eccesso. Dunque lo Sport non è per i pigri, gli indecisi, gli incostanti ovvero i sedentari. In questi l'irrazionale impiego del tempo libero e una cattiva volontà personale, danno luogo ad un atteggiamento rinunciatario nei confronti dell'attività sportiva, spesso giudicata attributo e privilegio dell'età giovanile. Secondo de Coubertin: «il piacere ricercato è l'equilibrio», in quanto armonia, accordo.

Nel Ciclismo la soddisfazione di chi lo pratica risiederà anche nell'armonia meccanica stabilita tra l'atleta e la bicicletta, nel ritmo che regolerà il suo procedere, nella uniformità assoluta dello sforzo, nel proporzionare la spesa energetica all'effetto da ottenere.

Ma torniamo al Ciclismo quale manifestazione d'arte: una fuga in solitaria, con un gruppo che t'insegue, è un'opera d'arte comunque vada a finire perché aldilà della velocità, della resistenza, della forza fisica, e della destrezza (il Ciclismo Fisico), vengono esternate anche e soprattutto risorse mentali e caratteriali quali l'ardimento, la combattività e la tenacia (il Ciclismo Psichico).


TECNICA, FAIR PLAY E COMPORTAMENTO

Per avvicinarsi al Ciclismo i manuali contano poco: per andare in bicicletta, bisogna salirci sopra; questo esercizio viene naturale durante l'adolescenza, facile fino ai vent'anni, agevole fino alla trentina, fattibile ai quaranta. A cinquant'anni montare in bici da corsa è un'impresa ardua, il gap da colmare è in alcuni casi insormontabile.

E per eccellere nel Ciclismo a tutto tondo bisogna essere non solo intelligenti e forti, ma anche bravi nella guida del mezzo, avere destrezza. Magari aiuta aver frequentato un poco la pista perché la ruota fissa e l'assenza dei freni inculca che la frenata rovinosa è l'ultima chance e che è sempre meglio valutare la possibilità di saltare o di aggirare l'ostacolo; anche una sufficiente conoscenza e pratica del ciclocross insegna che la strada asfaltata non è un diritto e due gradini non sono un dirupo! Poi partecipando alle gare si impara a viaggiare a contatto di spalla e alla mezza ruota, sia a sinistra che a destra!

Aiuta l'esserci andati da adolescenti, perché quando le capacità motorie sono in evoluzione, si impara a guidare senza mani, su terreno sconnesso ed in curva, a vestirsi e spogliarsi in corsa... Agli svogliati ricordiamo peraltro, che un uomo può imparare sempre, anche quando ha i piedi nella maturità; la destrezza infatti, è una capacità risultante non una dote innata.

Poi è importante una buona conoscenza della meccanica del mezzo per evitare che questo ci lasci per strada; è utile anche studiare la teoria del Ciclismo e frequentare corsi federali perché in questa, come in qualsiasi altra attività sportiva, bisogna attenersi anche a regole di conoscenza, comunicatività, esperienza, entusiasmo e savoir-faire per comportarsi nel modo più adeguato alle varie circostante; ma è importante soprattutto non pensare che possedere una bici da professionista, o essere forti, possa sostituire la tecnica e il fair play.

Non meno importante infatti è lo stile, e non ci riferiamo all'eleganza della pedalata o all'assetto sulla bici, ma al fair play: come recita il primo articolo della "Carta del Fair Play", redatto dal comitato omonimo, bisogna fare di ogni incontro sportivo, indipendentemente dalla posta, dalla virilità e dalla competizione, un momento privilegiato, una specie di festa. Il fair play incorpora i concetti di amicizia, di rispetto degli altri e di spirito sportivo ma è soprattutto un modo di pensare, un modo di comportarsi. È l'altruismo di chi indica gli ostacoli a chi sta a ruota e li evita senza passarci a pochi centimetri rendendoli ben visibili e conferendo così, a chi segue, una via di fuga; di chi usa il casco non solo a garanzia personale ma per comunicare "carattere" a tutto il gruppo. A tal proposito è consuetudine incrociare in allenamento professionisti, ex professionisti, dilettanti e amatori agonisti di vertice, tutti o quasi a capo non protetto! Poi s'incontrano schiere di ragazzi (ma anche adulti) che pedalano senza casco emulando i "campioni" incontrati. E non parliamo di quello che succede quando un gruppo che si allena arriva ad un semaforo rosso! In verità gli atleti di alto livello costituiscono loro malgrado modelli di comportamento per cui dovrebbero avere un condotta esemplare ed essere un punto di riferimento degno d'imitazione.

Ma ciò non avviene. A loro va il nostro monito con le parole di Lucio Battisti del brano "Scrivi il tuo nome": «Usa le gambe, utilizza il cervello, con l'entusiasmo o con l'istinto, fai un passo fuori dal tuo recinto».

Insomma, ad un buon ciclista sono richieste:
umiltà, lealtà, conoscenza, esperienza, rispetto delle regole e capacità di confronto.



DIVERIMENTO E COMPETIZIONE

Il Ciclismo è anche spettacolo, divertimento, distrazione; il suo esercizio, bello nel gesto tecnico, è salutare e ricreativo; come tutti gli Sport nasce come un'attività ludica, cioè fatta per gioco, per divertimento, senza quindi il carattere di necessità, di obbligo, proprio ad esempio dell'attività lavorativa. Per tutti deve essere un piacere, ricreare, curare il corpo e alleviare le pene dello spirito. Per l'americano Dean Cronwell: "Ogni sistema di allenamento che escluda la gaiezza è un monumento di stupidità». Possiamo dunque definire amatoriale il Ciclismo di chi si accontenta di seguire illusoriamente le orme dei campioni e gode dei molti aspetti positivi di questo Sport. Questi tranquilli propositi però non escludono l'allenamento intenso. L'attività sportiva porta con sè intrinsecamente lo spirito di competizione perché non esiste lo Sport non agonistico, psicologicamente non ha senso; è competitivo per definizione, non lo si può ammettere separato dalla carica agonistica, altrimenti sarebbe semplice movimento. Combattere lo spirito agonistico equivarrebbe a voler innaturalmente livellare i praticanti, che invece proprio per temperamento, per dedizione e per spirito di sacrificio sono portati alla differenziazione e alla personale affermazione. Tutto può essere ricondotto all'esigenza dell'uomo di dominare il mondo, di superare le limitazioni della vita; il ciclista parimenti cerca di dominare e di dominarsi. Ci riferiamo all'agonismo sano che prevede il tentativo di superare il limite delle proprie possibilità, ma solo fino a quello che, per acquisita esperienza, sia ragionevolmente ritenuto come il massimo.

E poi c'è l'agonismo un pò meno sano di chi prende il Ciclismo amatoriale, quello appunto del tempo libero, tremendamente sul serio: i suoi seguaci devolvono ad esso la parte migliore e più valida della loro esistenza, soffrendo, certamente volentieri nello spirito e nella carne; (de Coubertin lo spiega come: «un culto volontario e abituale dello sforzo muscolare intenso»). Troppe volte questa competizione induce stress e tensione ed è vissuta con tale importanza da coloro che vi si dedicano, da perdere la dimensione del divertimento scatenando livelli di "passione" esagerati per la realizzazione di prodezze ingiustificate. La dura preparazione, fatta di sconsiderate rinunce viene svolta più per mero egocentrismo che per spirito di competizione, per porre in essere imprese leggendarie e per il raggiungimento di una gloria effimera! Nelle goliardiche discussioni al Bar dello Sport vengono lanciate sfide, scommesse più o meno lecite, messe in programma improbabili performance. La sana ricerca di una condizione di maggiore robustezza somatica e psichica lascia il posto a forme ossessive degne del culto del super-uomo di Nietzsche!

Inoltre può esserci una notevole discrepanza tra prestazione potenziale, ciò che ognuno potrebbe dare se allenato al meglio, e prestazione reale, condizionata dalla vita che si conduce, dal numero di chilometri che si percorrono e dall'allenamento più o meno impegnativo per il tempo dedicatogli e lo spirito di sacrificio. Questo genera i cosiddetti "fenomeni", cioè quelli che, pur senza particolari doti atletiche, raggiungono una buona condizione solo con lunghi, continui ed estenuanti allenamenti, e finiscono per credersi più forti di altri che possiedono un bagaglio di potenzialità superiore, ma che non hanno tempo per allenarsi decentemente. Allora i "fenomeni" sfidando i propri limiti, pensano di poter compiere gesta epiche (e, come i vincitori delle olimpiadi antiche che ricevevano una corona intrecciata con i rami dell'oleastro sacro), di venire accolti come eroi, e di vedere le loro imprese cantate dai poeti ed immortalate dagli artisti. Ai "fenomeni" è necessario ricordare che nello Sport è aupicabile un approccio "tonico" e non "tossico".

Per contro il Ciclismo non sarebbe quello che è se, in un gruppo di amici che si allena assieme, mancasse la sfida. C'è infatti chi attacca sempre e continuamente per pura goliardia facendo di ogni allenamento una Stalingrado; c'è chi attacca solo quando gli conviene e se ne vale la pena, facendo della tattica lo scopo di ogni allenamento; c'è chi si prodiga esclusivamente per rintuzzare gli attacchi degli altri, come nel miglior gregariato, facendo di ogni allenamento un inseguimento; c'è chi, per spirito speculativo, attacca solo dopo aver valutato la caratura degli avversari; c'è chi scatta, riscatta e controscatta continuamente... ma poi "molla" subito, facendo di ogni allenamento una confusione; c'è chi non gli sta bene mai niente e in gruppo predica sempre, facendo di ogni allenamento un turpiloquio; e c'è anche chi, come San Francesco, quando gli altri attaccano aspetta i deboli per spingerli e spronarli.

La storia del Ciclismo agonistico è fatta di pagine eroiche, di cavalcate mitiche sulle cime delle montagne e di atleti resistenti alle fatiche più dure e alle condizioni climatiche peggiori, capaci di essere insensibili al freddo, al caldo, alla pioggia ed al vento. Parliamo della figura del campione che eccita la fantasia popolare e che viene identificato come un intermediario fra l'uomo e gli dei. «Esso è il testimone di ciò che vi è di sovrumano nell'umano, ed è allo stesso tempo la proiezione di ciò che vi è di umano nel sovrannaturale» (M. Buonet). La carica psicologica, ovvero la capacità di costruire dentro di se contemporaneamente sicurezza, grinta, calma, sangue freddo, voglia di vincere e concentrazione, rappresenta spesso ciò che in ogni Sport, professionale, dilettantistico o amatoriale, fa la differenza. A spiegarlo più sempicemente ci pensa Alexis Carrel sostenendo che occorre assoggettarsi ad una severa regola ascetica se si vuole divenire, artisti, scienziati, atleti.

Il nostro Sport diventa magico quando il desiderio di superamento si manifesta nei confronti non di un avversario, ma dell'ambiente o di una situazione e racchiude perciò in sè vari aspetti. Può manifestarsi come una tranquilla pedalata, oppure avere contenuti atletici elevati, oppure ancora, essere un interessante mezzo di escursionismo e di esplorazione o anche di evasione. Alcuni trascorrono le loro vacanze in bici costruendo un lusinghiero bagaglio di ricordi. Ma per questo è necessario trovare posti tranquilli: i ciclisti sono veri esperti nello studiare percorsi poco trafficati, scovare amene località con paesaggi selvaggi e un immancabile tranquillo alberghetto che assicuri una buona cucina.

La passione dell'andare in bicicletta non si limita ai giovani, ma investe tutti i periodi dell'esistenza umana; è uno Sport che, tranne in alcuni casi patologici, fa bene alla salute fisica e mentale, non sovraccarica muscoli ed articolazioni, consente una notevole gradualità dell'impegno e pertanto si adatta alle condizioni organiche di ognuno; per gli adolescenti è peraltro un veicolo di formazione del carattere e uno stimolo all'inventiva. Utile al recupero e alla conservazione della salute, indice di libertà, e dell'incedere lento, graduale e naturale si oppone alla visione del mondo come movimento frenetico, veloce, motorizzato e calcolato, il Ciclismo era incoronato come lo Sport più bello e più sano.

Simbolo del rapporto dell'essere umano con se stesso e con il limite del suo corpo, oltre che, con lo spazio, il tempo e la natura, considerato per questo "puro", oggi vede il primato messo in discussione dal doping, cioè «dall'assunzione di sostanze dirette ad aumentare artificialmente le prestazioni del concorrente, pregiudicandone la moralità agonistica e l'integrità fisica e psichica». La perdita della carica simbolica del Ciclismo, e più in generale di tutto lo Sport, è deprimente; ci piace pensare che tanti ancora fanno della bicicletta il loro strumento di svago e di incontro, non sono risucchiati dalla facile consuetudine all'uso di sostanze proibite e non celano accuratamente anche a loro stessi di subirne la dipendenza. Quando la sfida, la competizione fisica, recupererà una dimensione un pò più umana e giocosa, la vera pratica illecita tornerà ad essere la salutare bevuta di birra, e i grandi campioni torneranno ad essere simboli e modelli positivi.

Per tutto questo il Ciclismo è parte fondamentale della vita di chi lo pratica. L'unico motivo per cui valga la pena veramente di pedalare, che dà a questa pratica il ruolo basilare nella edificazione dell'uomo moderno è,

oltre al DIVERTIMENTO,

l'AMICIZIA



Per il profilo planetario assunto da questa attività,
è grande la responsabilità degli sportivi nel mondo.
Essi sono chiamati a fare dello sport un'occasione di incontro e di dialogo,
al di là di ogni barriera di lingua, di razza, di cultura.
Lo sport può, infatti, recare un valido apporto alla pacifica intesa fra i popoli
e contribuire all'affermarsi nel mondo della nuova civiltà dell'amore.
Giovanni Paolo II







Il decalogo dell'autentico CICLISTA!


I CICLISTI (scherzosamente ma non tanto!)


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