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SPELEOLOGIA: sport, scienza ed avventura, per un"Viaggio al centro della terra"
di Gabriele La Rovere


LA SPELEOLOGIA, L'IGNOTO A PORTATA DI MANO!

Si, l'ignoto che sta proprio sotto i nostri piedi a poche ore dalle nostre case e, con l'ausilio di un'attrezzatura neanche troppo sofisticata, aspetta di essere scoperto ed esplorato. Davvero suggestivo per questo secondo millennio tanto avaro di novità! Gli speleologi hanno tutti in comune "Il sacro fuoco dell'esploratore" che concede loro la forza di confrontarsi con il freddo, il buio, la paura e la fatica, problematiche consuete nel mondo della discesa sotterranea (agli Inferi!?).

Un esploratore ambisce ed ama una vita imprevedibile e le grotte sono imprevedibili; il fascino misterioso della cavità oscura e silenziosa nella sua profonda grandezza statica... il perdercisi dentro lasciandosi la luce sempre più alle spalle. Già è sempre la storia del navigatore che è in ognuno di noi, quel "Fattore Ulisse" spiegato da alcuni scienziati come il desiderio di sfidare il limite dell'umano. A differenza dell'alpinista che pur conoscendo più o meno i luoghi da conquistare deve far i conti con le sue difficoltà, lo speleologo, invece, fa i conti anche e soprattutto con l'ignoto."Il motore principale che ci spinge sottoterra è la possibilità di scoprire un immenso mondo inesplorato" (G. Badino Presidente SSI). La speleologia italiana si è così evoluta negli ultimi anni, da richiedere un catasto nazionale di grotte e non intendiamo quelle turistiche, dove si va per mano lungo scale e camminamenti in cemento, con biglietto in tasca e guida sottobraccio, Frasassi e Castellana per intenderci, ma abissi profondi anche alcuni chilometri e lunghi centinaia, traboccanti di fiumi, laghi, canyon, un pò come è raccontato in "Viaggio al centro della terra" di Jules Verne.

La discesa in questi affascinanti ambienti una volta era argomento solo per romanzi di fantascienza, oggi invece è realtà grazie alla tecnologia e alla temerarietà dell'uomo. Le ormai numerose associazioni speleologiche (solo in Abruzzo ce ne sono diverse), possiedono nel loro magazzino centinaia di metri di corda, attrezzature specifiche di prim'ordine, impianti luce sofisticatissimi e ancora, canotti, mute ed attrezzature subacquee; presenti in ogni regione sono le scuole di speleologia aderenti ai due organismi nazionali la Società Speleologica Italiana ed il Club Alpino Italiano. Insomma una disciplina sportiva con una forte componente tecnologica e scientifica ed un'altrettanto vigorosa carica filosofica, basata non solo sulla ricerca dello sconosciuto, del mai visto prima ma, in estremo, anche della solitudine così facile da provare in un ambiente ostile e il tutto necessariamente sviluppato da tenacia ed ardimento. L'Abruzzo con i suoi tre parchi nazionali e grazie ai tanti massicci calcarei presenti, è il posto ideale dove praticarla. La ricerca del "buco" nuovo, la discesa di un canyon (sulla Majella ce ne sono tra i più belli, incontaminati e intriganti d'Italia) o la semplice escursione in un eremo isolato, fa dello speleologo una sorta di avventuroso-sportivo-trekker.

Infatti non raramente gli ingressi degli abissi sotterranei o l'attacco delle forre (canyon), sono in alta quota o addirittura su pareti lisce e strapiombanti. Tutto ciò trasforma continuamente lo speleologo in cartografo, alpinista, campeggiatore, sherpa, scavatore, quindi archeologo, esploratore e... anche subacqueo:"Lo speleologo deve possedere attitudini e qualità di agilità, di vigore, di resistenza e di decisione. Deve saper nuotare, saper maneggiare scale volanti e corde, possedere in particolare senso di orientamento per circolare e ritrovarsi nei labirinti sotterranei". Il materiale d'equipaggiamento oggi comprende: corde, scale, moschettoni, imbracature, maniglie, discensori, paranchi, pertiche, canotti per la navigazione sotterranea, materiale topografico, fotografico e cinematografico, tende, amache, cucine, viveri, mute ed autorespiratori per il passaggio dei laghi e dei sifoni, ma spesso anche picozze e ramponi. Fa ormai parte del mito la speleologia di chi passava i sifoni in apnea con una tuta da meccanico e che si faceva luce con una candela o, per i meglio attrezzati con una torcia, e ancora le risalite con corde lanciate con l'arpione appendendosi poi al: "non so perché non si vede", e a discese di pozzi su di un seggiolino tipo altalena tenuto da due o più bruti volenterosi.

Infine, non per questo meno importante, la speleologia quale mezzo di ricerca archeologica; l'esplorazione delle caverne infatti è tra le più antiche attività umane. Risalgono al cinquecento i primi studi sistematici sulle grotte forse grazie allo stesso Leonardo attento visitatore della caverna di Moncodeno. Per migliaia di anni la grotta non ha svolto soltanto il compito di riparo ma è stata soprattutto un luogo sacro, e ricordiamo, uno per tutti, il complesso speleologico (probabilmente il più incredibile!) di Ajanta nel Pakistan: una gola lunga più di 160 km lungo le quali si aprono grandiose caverne scavate nella roccia dentro le quali vi sono 24 monasteri e 5 tempi buddistici dagli straordinari affreschi dipinti sulle pareti e sui soffitti, datate tra il 200 a.C. e il 600 d.C.

L'immensa fortuna della speleologia sta nella difficoltà della sua realizzazione, i luoghi visitati, magari esplorati per la prima volta, sono ancora del tutto incontaminati, ancorché impossibili da raggiungere né dal turismo di massa né da sportivi e alpinisti improvvisati. Nessun turismo potrà accedere mai a questi ambienti, che posseggono un loro particolare magico mistero soprattutto grazie a questo. Lo speleologo è un pò come un astronauta... uno speleonauta... un eremita alla ricerca di emozioni ancestrali.

"Pensi forse che siano belle le stanze dove dimora il tuo re? Ma non sono che tuguri, in confronto alle caverne che ho visto; saloni interminabili pieni dell'eterna musica dell'acqua che gocciola in stagni splendidi come Kheled-Zaram al lume delle stelle" . J.R.R. Tolkien, Il Signore degli anelli.





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