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TRIATHLON: nuoto, ciclismo, corsa e il mito
di Gabriele La Rovere


Inventato circa 15 anni fa negli Stati Uniti da un gruppo di amici che volevano scoprire quale delle tre discipline di resistenza fosse la più dura; non trovando accordo sulla risposta decisero di provarle insieme una dopo l'altra così da risolvere il quesito nella maniera più virtuosa (sportivamente parlando). C'è, dunque, una particolarità che discosta il triathlon dagli altri sport multipli come il pentathlon o il decathlon: le tre prove si svolgono in sequenza. Insomma dopo il nuoto, in mare o in un lago, (tutti in gruppo con pugni, calci e spesso principi di assideramento), ancora completamente bagnati, si salta in bici, infine si scende e si corre a piedi per finire quella che è veramente un'avventura. Già, non c'è che dire, seppur affascinante, è proprio una bella faticaccia per teste dure.

Le gare di triathlon olimpico si svolgono sulle distanze di 1.500 metri di nuoto, 40 chilometri di ciclismo e 10 chilometri di corsa. Il triathlon lungo invece si svolge sulla distanza di 3.800 metri di nuoto, 180 chilometri di ciclismo, e 42 di corsa. Quello che colpisce immediatamente, è la versatilità che contraddistingue il triatleta. Durante ogni singola prova l'atleta deve possedere abilità idonea nonché capacità motorie eccellenti. Le specialità addirittura diventano cinque, se consideriamo che i cambi tra nuoto e ciclismo e ciclismo e corsa, sono vere e proprie performance spettacolari, incredibilmente tecniche e veloci (15/20 secondi per passare dal nuoto al ciclismo); ed il pubblico si assiepa sempre nelle zone cambio, più che lungo il percorso, un pò come succede nei box della Formula 1. Negli ultimi anni il numero di partecipanti presenti alle competizioni di triathlon è cresciuto così tanto che prossimamente si dovrà ricorrere al numero chiuso. Questo ha costretto il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) ad ammettere le gare di triathlon già dalle olimpiadi di Sydney nel 2000.

Ma perchè i partecipanti alle gare aumentano così rapidamente? La retorica risposta basata sul bisogno di poliedricità dell'individuo moderno, è piuttosto generica e scontata e non soddisfa il nostro quesito; tutto ciò varrebbe per qualsiasi disciplina multipla e se così fosse anche il decathlon ed il pentathlon dovrebbero essere sport di massa, ma così non è. Il triathlon invece, ha sviluppato una sua precisa e particolare identità. In verità il suo fascino è legato agli ambienti in cui si svolge e al fatto che l'atleta li "vive" in sequenza unica, con unica mentalità, con unico sforzo. Questi ambienti sono: l'Acqua, per il nuoto, la Terra, per la corsa; e l'Aria per il ciclismo (tutti gli accorgimenti per migliorare l'aerodinamica del mezzo e la... "volata", ci richiamano l'immagine della leggerezza, del volo, quindi dell'aria). Ma l'acqua, la terra e l'aria, secondo la concezione di Eraclito, sono gli elementi fondamentali (scaturiti dal Fuoco) di cui è composta la terra. Possiamo ragionevolmente sostenere che nel nostro sport l'uomo realizza la sua voglia di dominare il mondo, confrontandosi con esso attraverso le sue componenti fondamentali.

Il triathlon è un'occasione insostituibile per realizzare il dominio dell'uomo sulla natura e con la prerogativa di non voler inseguire la vittoria a tutti i costi; ed è proprio questo che ne sta facendo uno sport di massa (in Italia, in alcune gare si superano i 500 iscritti).





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